Vidaluz Maria
Giulio Girardi e la sua Nicaragua, Nicaraguita
Fra noi che partecipavamo alla vita quotidiana di Giulio Girardi in
Nicaragua, in pochi/e eravamo consapevoli della grandezza di quest'uomo.
Ordinato sacerdote nel 1955, Giulio era stato in seguito professore di
Filosofia presso l'Università di Torino, l'Università di Roma e
l'Università Cattolica di Parigi, nonché partecipante del Concilio
Vaticano II, dove aveva collaborato alla stesura della Gadium et Spes in
qualità di esperto, e membro del tribunale Russell, responsabilità
condivisa con García Márquez, Julio Cortázar ed Eduardo Galeano, solo
per citarne alcuni. Sin dai primi anni ottanta, Giulio aveva cominciato
a venire in Nicaragua su invito di padre Uriel Molina. In queste
occasioni egli trovava ospitalità vicino al Centro Ecumenico Fray
Antonio de Valdivieso, e più precisamente presso l'abitazione di doña
Isolina Brenes, affettuosamente soprannominata doña Choli. Ella fece sì
che la sua modesta dimora diventasse il luogo prediletto da Giulio
Girardi durante le permanenze in Nicaragua. Giulio era solito pranzare
nella trattoria accanto alla casa di doña Choli, per la meraviglia di
padre Uriel Molina che un giorno ve lo trovò.
Di questo magnifico internazionalista parla Ernesto Cardenal nel prologo
alla seconda edizione della sua opera Sandinismo, Marxismo,
Cristianesimo: La confluenza. Cardenal racconta di aver incontrato per
la prima volta Giulio quando si recò al tribunale Russell per presentare
il caso del Nicaragua. Ma ancor prima di vederlo di persona, Ernesto
Cardenal "lo leggev[a] trovandovi cose sorprendenti, come la lotta di
classe e l'Eucarestia: idee coraggiose e nuove, e tuttavia lampanti sin
dal primo momento, che circolavano su fogli mimeografati e duplicati -
che poi è il modo in cui tutto il movimento della Teologia della
Liberazione circolava in America Latina.
Da parte sua, padre Uriel Molina, nella presentazione alla medesima
opera, annotava: "La crisi è un periodo di movimento e di vita intesa
come vita intensa. La crisi di Giulio Girardi incontra la crisi del
Nicaragua e si risolve con essa... Giulio, come molti prima di lui,
dovette perdere tutto per poter arrivare a quel punto zero in cui
ritroviamo finalmente noi stessi. In questi momenti, quando incontriamo
l'amore, lo stringiamo al cuore e non vogliamo lasciarlo, come ci
insegna il Cantico dei Cantici. Giulio incontrò la rivoluzione, e per
nostra gioia la incontrò attraverso il Centro Valdivieso".
A molti/e di noi la sua capacità di astrazione e di formulare teorie ci
lasciò perplessi/e. Aveva acquistato una piccola Lada sovietica: una di
quelle auto che allora venivano importate in Nicaragua. Il personale del
Centro Valdivieso lo vedeva arrivare, parcheggiarsi quasi in mezzo alla
strada, poi scendere e andare direttamente in una piccola stanza dove se
ne stava per ore a leggere e a scrivere.
Rafael Valdés, membro del Centro Valdivieso, lo accompagnò in due
occasioni sulla costa atlantica, dove Giulio voleva contribuire al
recupero della teologia negra. Durante il primo viaggio visitarono
Bluefields con l'obiettivo di portare a termine un incontro ecumenico e
culturale con la popolazione nera. All'incontro vi parteciparono fedeli
della confessione maggioritaria in quella regione, ovvero di religione
morava. Essi erano preoccupati che la cultura morava si perdesse:
dicevano che tutti i cartelloni erano in spagnolo, e che ormai si
sentivano in minoranza.
In occasione del loro secondo viaggio Rafael e Giulio visitarono la
regione del popolo Garifuna (l'Orinoco) con lo stesso intento. Grazie a
ciò vennero a contatto con numerose esperienze religiose, tra le quali
il walagallo: un rito mirato a guarire gli ammalati attraverso
l'invocazione degli antenati.
Rafael si ricorda della presenza, durante le due settimane teologiche a
carattere ecumenico cui partecipavano i pastori più importanti delle
chiese pentecostali, di almeno tre posizioni fondamentaliste: quella
moderata, quella meno moderata e quella radicale. Tra i più radicali, un
pastore ebbe a dire che l'ecumenismo era un'invenzione del diavolo e che
tutti coloro che non prendevano parte alla sua chiesa dovevano
convertirsi.
Tutte queste esperienze avevano permesso a Giulio di farsi un'idea ampia
e complessa della nostra realtà nazionale prima di praticare
l'ecumenismo.
La poetessa Michele Najlis ed io stabilimmo una strettissima relazione
con Giulio. In più occasioni Michele gli offrì di trasferirsi in una
stanza di casa sua, ma Giulio declinava sempre l'invito. Lei ricorda in
modo particolare la tenerezza e la delicatezza con cui Giulio portava
caramelle ai suoi bambini. Giulio espresse un alto senso dell'ironia
quando accettò di scrivere il "nihil ostabat" per Ars combinatoria, il
libro di poesie che Michele pubblicò nel 1988. Egli scrive:
“Imprimatur
Quando ho iniziato a leggere queste poesie, sapevo ben poco dell'"Ars
Combinatoria". Ora posso dire di saperne ancora meno. Però conosco un
po' di più l'autrice, e devo ammettere che non è così cattiva come
sembra. Credo dunque (anzi, CREDIAMO) che l'autrice debba essere
scomunicata (dalla comunità dei saggi noiosi) come riconoscimento per i
suoi timidi sforzi. Inoltre penso anche che la sua opera debba essere
inserita nell'indice dei libri proibiti a coloro che non hanno un
briciolo di ironia - e risulta che siano parecchi". Poi in calce:
"Giulio Girardi, Prefetto del dipartimento per la dottrina della Fede".
Ricordo che, quando visitai Roma per la prima volta, Giulio mi offrì il
suo appartamento dal momento che non in quel momento non lo occupava. Fu
così che Giulio mi riempì il frigo di cibo e bibite, e arrivò persino a
offrirmi del denaro perché io potessi sostenere alcune spese
straordinarie. Questo fu un gesto di una generosità tale che non credo
potrò mi dimenticare.
Nel 1992 Carlos Tünnerman presiedeva il consiglio di direzione
dell'istituto nicaraguense di cultura ispanica insieme con la poetessa
Daisy Zamora, l'addetto alla cultura dell'ambasciata di Spagna ed io.
Durante una delle nostre riunioni decidemmo di organizzare una settimana
di attività legate all'anniversario della scoperta dell'America. Il
nostro progetto, approvato all'unanimità, doveva includere non solo le
luci, ma anche le ombre di tale evento storico. Per questo motivo io
proposi di presentare il libro di Giulio Girardi, La conquista
dell'America. Con quale diritto? - proposta che venne accolta da tutto
il consiglio direttivo. A presentarlo fu padre José Maria Vigil,
spagnolo residente in Nicaragua, mentre Giulio lesse un frammento
dell'opera, così com'è d'usanza. Dopo alcuni commenti ebbe luogo un
rinfresco. Nei giorni seguenti mi arrivò una lettera di protesta dalla
sede centrale dell'istituto a Madrid, secondo cui si era mancato di
rispetto alla madre patria nella sua stessa sede. Dal momento che la
proposta era partita da me, risposi spiegando lo spirito che aveva
portato ad includere l'opera di Giulio nel programma; al che la protesta
si fermò.
Ovvio che tutto ciò che veniva prodotto da Giulio, uomo cristiano e
rivoluzionario allo stesso tempo, era destinato a suscitare polemica.
Egli fu molto coraggioso, erudito e audace. La sua opera Sandinismo,
Marxismo, cristianesimo, la confluenza fu presentata da uno di marxisti
più preparati entro le fila del FSLN, Rogelio Ramírez, il quale la
classificò come "sorta di manifesto del cristianesimo rivoluzionario
nicaraguense" (un testo che tornerebbe molto utile al governo attuale,
visto che il suo motto - ripetuto fino alla nausea - recita: "cristiano,
socialista e solidale").
Sebbene Ramírez riconobbe che l'opera era troppo ricca per poter essere
ridotta a un giudizio sommario, egli comunque espresse le proprie
riserve filosofiche riguardo alla tesi che Giulio proponeva. Rogelio
diceva che veniva data "troppa enfasi al carattere sognatore ed utopico
di Sandino, come se costui non avesse analizzato oggettivamente e
scientificamente il proprio contesto storico. Ciò implicherebbe che i
grandi rivoluzionari erano persone sognatrici e filosoficamente
idealiste". Ramírez espresse inoltre un secondo giudizio di urgenza
congiunturale, affermando: "né Sandino, né tantomeno l'FSLN è
comunista", a dimostrazione di quanto fosse importante sottolineare ciò
di fronte agli attacchi imperialisti di quegli anni. Rogelio aggiunse
che non ci si doveva dimenticare che nessun partito comunista
latinoamericano aveva mai simpatizzato con Sandino, salvo il cubano José
Antonio Mella e il peruviano José Carlos Mariátegui, lodevoli eccezioni
al dogmatismo dominante.
Un altro personaggio che intervenne nel dibattito fu il vecchio
combattente nicaraguense Armando Amador, il quale pose obiezioni al
terzo capitolo dedicato alla relazione tra Sandino e il movimento
comunista. Amador consigliò a Giulio di rielaborare il capitolo ed
ampliarne le fonti documentarie. “Esiste un importante bibliografia che
non è stata utilizzata", sostenne Amador, "come ad esempio gli scritti
di Julio Antonio Mella, la rivista Amauta di Mariátegui e la
corrispondenza di Carlos Aponte con Gustavo Machado". Amador, comunista
che aveva vissuto per anni in Venezuela in seguito all'esilio impostogli
dalla ditattura di Somoza, voleva che Giulio aggiungesse la differenza
tra il settarismo dei comunisti messicani che si erano opposti a Sandino
e ciò lui chiamava "la posizione illuminata di altri comunisti
latinoamericani che avevano appoggiato con lungimiranza la lotta
dell'eroe nicaraguense".
Un altro interessante intervento fu quello di Jorge Alvarado Pisani,
venezuelano stanziatosi in Nicaragua e ad oggi vicerettore
dell'Università Centroamericana. Pisani si concentrò sul secondo
capitolo, quello in cui viene trattato il tema della teosofia di Sandino.
Anch'egli concordava con Amador sulla necessità di ampliare le fonti
documentarie, rivolgendosi, per esempio, all'opera del teosofo Joaquín
Trincado, nonché agli apporti del nicaraguense José Santos Rivera, il
cui valore, secondo Alvarado, risiedeva nella definizione che egli dava
di Sandino come di un "comunista razionale", così come Trincado stesso
intendeva quest'espressione.
Voglio ricordare che la tradizione più forte della cultura nicaraguense
è la poesia, il che significa che siamo abituati/e più al linguaggio
simbolico e meno a quello concettuale. Per questo motivo credo che i
ragionamenti sistematici con cui i dibattiti sono condotti, alla lunga
annoino e facciano perdere l'attenzione. Uno dei modi per vivacizzare un
pensiero molto denso è inserirvi dello humor: questa tecnica venne
utilizzata dall'ormai scomparso leader sandinista Herty Lewites quando,
riferendosi all'ultima parte dell'intervento di Alvarado che sosteneva
la necessità di rivolgersi alla filosofia esoterica di Sandino (le cui
capacità paranormali sono oggi studiate scientificamente), raccontò
dell'incontro che ebbe con Gustavo Machado in Venezuela. Machado disse a
Lewites di aver visitato Sandino nel suo accampamento e aver visto,
attorno alle due del mattino, alcuni indigeni misquitos consegnarli
informazioni relative alla sicurezza. Il giorno successivo Sandino
utilizzò queste informazioni come se si trattasse di conoscenza
parapsicologica: fece ciò per proteggere l'identità e la vita degli
informatori. Per questo motivo, concluse Lewites sorridendo, occorre
prudenza prima di interpretare Sandino in termini di parapsicologia.
Dopo tre ulteriori commenti alla sua opera, Giulio si prese la briga di
rispondere uno ad uno con la semplicità e la brillantezza che lo
caratterizzavano. Riassumendo la questione, disse infine: il problema
centrale è "se io sia stato o meno fedele alle fonti. Il mio percorso
cristiano, ovviamente, mi fa evidenziare alcuni aspetti, ma la questione
è se questi aspetti si possano davvero trovare nelle fonti. Ritengo
curioso che si dica che io, in quanto credente, interpreto le cose in
modo valido... solo per i credenti. Si dovrebbe al contrario dimostrarmi
che, per il mio essere credente, non ho compreso questo o quell'aspetto.
La confluenza fra marxismo e cristianesimo è stata la preoccupazione di
tutta la mia vita. Alcuni hanno detto che il marxismo sandinista da me
impostato non corrisponde al sandinismo reale, ma si tratta piuttosto
della proiezione dei miei desideri. Ho forse presentato la Storia del
Nicaragua o la mia propria storia? Entrambe, io credo. Ma di nuovo, la
questione di fondo è se il marxismo sandinista sia o meno implicito
nell'impostazione e nella pratica dei sandinisti". Girardi concluse
ribadendo che la rivoluzione sandinista era caratterizzata dall'apertura
internazionale, e che gli internazionalisti impegnati in essa erano
"nicaraguensi per scelta", dato che partecipavano insieme con i
nicaraguensi alla costruzione di una cultura alternativa di rilevanza
mondiale. Al termine del suo discorso, Giulio fu salutato con
un'ovazione dai partecipanti.
Nell'intervista fatta da José Argüello a Giulio nel 1986 troviamo alcune
domande-chiave per comprendere ciò che ha portato Girardi a scrivere la
sua opera. Per esempio: "In Nicaragua la pratica anticipa la teoria e
abbiamo avuto esperienze ricche e profonde senza alcuna teoria che le
accompagnasse. Lei crede che la rivoluzione esiga qualche riformulazione
teorica importante?". Nella sua risposta Giulio, tra le altre cose,
disse: "La partecipazione di massa dei cristiani al cambiamento sociale
è stata possibile perché i cristiani hanno cominciato a vivere la loro
fede in maniera nuova e creativa. Questa novità è dunque andata
approfondendosi nel cuore stesso della lotta. La suddetta esperienza
offre dunque la possibilità e la necessità di fondare una riformulazione
teologica a partire dal punto di vista degli oppressi. Tuttavia non mi
sembra che il potenziale di rinnovamento teologico sia sufficientemente
valorizzato. Ovvio che ci sono questioni pratiche ben più urgenti, ma è
altrettanto ovvio che un approfondimento teorico arricchirebbe di gran
lunga la pratica cristiana e rivoluzionaria, in Nicaragua come in altri
paesi".
Giulio amò appassionatamente la rivoluzione nicaraguense e credette nei
suoi capi. Questa convinzione così profonda lo portava a difendere ogni
aspetto di un processo continuamente minacciato e aggredito dalla
controrivoluzione, senza mai porlo in questione. Voglio citare in
proposito il ministro dell'educazione Carlos Tünnerman, membro del
gruppo "Cristiani nella rivoluzione" cui io stessa presi parte:
"Conobbi Giulio Girardi per la prima volta in una riunione del gruppo
"Cristiani nella Rivoluzione"; egli dissertava sulla possibilità di
conciliare marxismo e cristianesimo, uno dei suoi temi prediletti, così
come la Teologia della Liberazione. In seguito mi distanziai da lui
perché si rifiutava di convincersi che la rivoluzione era stata
snaturata. Inoltre, resisteva a credere che la condotta di alcuni
comandanti fosse tutt'altro che rivoluzionaria".
Nonostante ciò, la giornalista e attivista cristiana María López Vigil, che pure ricorda la passione e la buona fede di Giulio nei confronti della rivoluzione e dei suoi dirigenti, sostiene che, non appena saputo della denuncia di abuso sessuale della figliastra del comandante Daniel Ortega, Zoilamérica Narváez, Giulio andò a farle visita nel suo ufficio durante il suo annuale viaggio in Nicaragua per chiederle maggiori informazioni circa ciò che aveva letto sul caso. Zoilamérica gli raccontò tutta la vicenda, al che Giulio non soltanto si dimostrò totalmente disposto a darle credito e, soprattutto, a credere nell'abuso, ma fu anche l'unico sandinista straniero investito dell'ordine Carlos Fonseca a scrivere su questo tema, parlandone come della seconda sconfitta morale dell'FSLN dopo l'appropriazione indebita di beni di Stato. Sappiamo che il testo fu divulgato nel web in lingua italiana.
Per concludere questo breve ricordo del nostro fratello Giulio
Girardi, voglio parlare della sua speranza incrollabile. Negli anni
novanta, dopo la nostra sconfitta, Giulio ebbe l'opportunità di
viaggiare attraverso tutta l'America Latina. Nel suo passaggio in
Nicaragua ci lasciò degli indizi sul nuovo percorso verso l'utopia, così
come suggerisce il titolo della sua conferenza Sviluppo locale
sostenibile. Potere locale alternativo e rifondazione della speranza. In
essa Giulio identifica "lo sviluppo sostenibile come un progetto
fondamentalmente economico, ma che non può essere separato da un
processo di trasformazione politica che fornisca le condizioni per
l'autodeterminazione e la partecipazione a livello economico; motivo per
cui si tratta di un processo di democraticizzazione reale e
decentralizzazione del potere". In questo progetto emerge la necessità
di una cultura antagonista al neoliberalismo e viene riconosciuta
un'altra condizione essenziale per rendere efficace l'autodeterminazione
politica ed economica, nonché il protagonismo delle donne e la necessità
di un'educazione popolare emancipatrice. Si segnala poi che la maggiore
ispirazione e motivazione viene data da un cristianesimo che, ritornando
alle sue origini evangeliche, rompa le alleanze storiche con i poteri
politico-economici e parteggi invece con e per gli oppressi consapevoli
e ribelli. In tale contesto, Giulio rivaluta come fonte non meno forte
d'ispirazione le religioni indigene originarie e di matrice africana,
per il loro amore e la loro identificazione con madre natura.
Giulio, con la sua prospettiva futurista e planetaria, continua e
continuerà a nutrire i nostri progetti, e dunque a vivere tra tutti e
tutte noi.